Il Salento, terra di culture e tradizioni millenarie, ancora oggi conserva fra le sue colline e le campagne, le usanze e i rituali legati alla Pasqua che fanno parte di un mondo contadino ormai scomparso. Qui quelle consuetudini vengono custodi e rispettate ogni anno con l’arrivo della festività. Nel Salento infatti l’intera settimana santa è vissuta da tutta la popolazione con grande partecipazione ed intensità che non possono non coinvolgere anche i turisti, arrivati in questa terra di sole e mare, per trascorrere la Pasqua.

In tutti i paesini del Salento, fra ulivi e muretti a secco, si svolge il rituale dell’esposizione del Cristo Morto, che viene vegliato dai fedeli e dalla Madonna Addolorata, la cui immagine sacra è esposta nelle chiese principali. Durante questo periodo si svolgono diverse processioni, fra le quali la più suggestiva e famosa è quella di Gallipoli. La processione della Madonna Addolorata inizia con l’uscita dell’immagine sacra dalla chiesa, circondata dai fedeli e dalla generale commozione. I membri della confraternita accompagnano la Madonna lungo la strada, vestiti di nero e con in mano un lungo cero, mentre le trombe e i tamburi intonano musiche solenni.
Il corteo giunge fino alla Cattedrale dove viene eseguito lo Stabat Mater e la Frottola, un canto antico realizzato da un autore di Gallipoli. La statua della madonna continua poi il suo viaggio fra le strade della città fino ad arriva agli alti bastioni dove, in una celebrazione emozionante, benedice il mare.

In quasi tutti i borghi del Salento i riti della Settimana Santa iniziano con l’arrivo del lunedì e durano fino a sabato quando le campane della città e i fuochi d’artificio annunciano la rinascita di Cristo. Pochi giorni prima, il giovedì, le campane erano rimaste mute, mentre le funzioni religiose venivano annunciate la suono sordo e triste delle Trenule. Durante queste giornate è d’uso fare visita alle varie chiese del paese organizzando i cosiddetti Sepolcri. La tradizione vuole che durante questo periodo gli altari siano adornati con lu “piattu pe lu sibburcu”, ossia il piatto per il sepolcro, realizzato con del grano che viene fatto germogliare al buio. Questa antica tradizione contadina viene dall’antichità e prende spunto dal mito di Adone, che ogni anno moriva e rinasceva.
Uno dei momenti più toccanti ed appassionanti della Pasqua nel Salento sono le processioni che si svolgono il venerdì santo in tutti i paesi. Fra le più belle quella di Galatina quando migliaia di persone si riversano nelle strade della città, vestite in abiti tradizionali, con in spalla le statue e le croci, intonando canti tradizionali e melodie. Ad accompagnare il corteo le confraternite, con abiti lunghi e cappucci. Fra le tradizioni più sentite quella della quaremma, un fantoccio orrendo appeso sulle strade della città con ai piedi un’arancia amara e  sette piume.

Nei paesi del Salento il giorno di Pasqua il terribile pupazzo si cosparge di liquido infiammabile, poi si posizionano “na batteria in culu”, ossia dei petardi nel sedere, e si da il tutto alle fiamme. Il fantoccio dalla faccia maligna esplode letteralmente e arde accompagnato dalle grida di gioia e dai canti della popolazione.
Nella chiesa di San Francesco D’Assisi a Gallipoli è invece custodito il mal ladrone, realizzato da Vespasiano Genuino. Secondo la leggenda ogni sera, durante la settimana santa, il malladrone scende dalla croce e gira per le strade della cittadina.

Nella chiesa di Galatina infine si trova la statua di cartapesta che raffigura il legionario romano che flagellò Gesù. In passato la scultura di Pati Paticchia, così è chiamato, veniva esposta ai fedeli il giovedì santo, ma dopo poco questa tradizione si interruppe perché la popolazione non faceva altro che danneggiare la statua con percosse e pugni per punire il legionario per  ciò che aveva fatto a Cristo.

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